Vangelo di Giovanni 10:7-9
Io sono la porta delle pecore
Cari fratelli e sorelle leggiamo Giovanni 10:7-9
7 Perciò Gesù di nuovo disse loro: “In verità, in verità vi dico: Io sono la porta delle pecore. 8 Tutti quelli che sono venuti prima di me, sono stati ladri e briganti, ma le pecore non li hanno ascoltati. 9 Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pastura.
La predica di oggi è incentrata sui versetti 7 e 9, dove Gesù dice di essere la porta della salvezza delle pecore. Ma in realtà questo brano inizia al versetto 1 e va avanti fino al versetto 16. In questo brano Gesù pronuncia due “Io sono”. Infatti, Gesù dice di essere sia la porta delle pecore che il buon pastore. Sono due aspetti importanti che ci descrivono chi è Gesù e quale è la Sua opera. Anche se questi due “Io sono” sono collegati tra loro vanno visti in modo distinto.
Noi oggi ci occuperemo del fatto che Gesù dice di essere la porta delle pecore.
“Io sono la porta delle pecore”disse Gesù ai giudei che lo ascoltavano, ma che non capivano.
“Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato”dice Gesù ancora oggi a chiunque lo ascolti. Solo che oggi, grazie allo Spirito Santo, noi possiamo capire questo messaggio di fondamentale importanza.
Prima di passare al tema principale ci tengo a ricordare che:
Gesù non è una delle tante porte che possiamo scegliere per avere la vita eterna,
Gesù è l’unica porta che dona la salvezza dal giudizio giusto ed eterno di Dio.
Gesù è l’unica uscita di sicurezza da questo mondo che sta andando in fiamme!
Fatta questa premessa vogliamo ora capire meglio che cosa Gesù intende dicendo di essere una porta. Ovviamente non parla in modo letterale. Gesù non è una porta come quella di questa stanza. Si tratta quindi di una simbologia.
Per capire questa simbologia possiamo pensare a cosa serve una porta.
- Una porta separa un ambiente da un altro ambiente.
- Una porta è fatta per aprirsi, ma anche per chiudersi.
- Una porta serve per lasciare entrare alcune persone e per lasciarne fuori altre.
- Una porta serve per ripararsi dall’esterno, ma anche per poter uscire di casa quando vogliamo. Chi abiterebbe in una casa senza porta?
Quindi, in senso più generale, la porta è una soglia e una via di accesso, così come lo è anche la porta di una città o la porta di un computer o la porta di imbarco di un aeroporto. Per chi ama il calcio poi, la porta è anche quel posto del campo in cui vogliamo far arrivare il pallone prendendolo a calci o a testate, ma questa però è un’altra storia…. Tuttavia, anche in questo caso c’è una similitudine perché anche in questo caso abbiamo qualcuno che veglia su chi o su cosa entra dalla porta.
Quando Gesù ci dice di essere una porta, dice in sostanza un po’ tutto questo.
Gesù protegge le pecore dal maligno, rende sicura la nostra casa spirituale lasciando entrare nel nostro spirito solo ciò che ci fa del bene.
Ma Gesù è anche Colui che apre la porta del nostro cuore per avere un rapporto intimo e profondo con noi.
Gesù apre anche la porta della prigione in cui ci troviamo per liberarci dalla schiavitù del peccato in cui ci troviamo sin dalla nascita.
Gesù ci apre la porta dell’ovile in modo tale da farci camminare in questo mondo nelle vie che Dio ha già preparato per noi.
Gesù apre la porta che ci conduce al Padre celeste, che ci apre le porte della città eterna, della Gerusalemme celeste dove un giorno abiteremo insieme a Dio stesso.
Questo in grande sintesi è quello che mi fa pensare quando Gesù dice di essere la porta delle pecore. E siccome penso di essere tra quelle pecore che Lui chiama per nome, non posso che essere felice e grato di sapere questo.
La porta di DioOra però ci prenderemo del tempo per vedere insieme che cosa dice la Bibbia in merito a quella che è la porta più importante per ognuno di noi. Vedremo così che, quando Gesù dice di essere la porta intende proprio quella porta che in vario modo e nei vari millenni è sempre stata quella che potremmo definire “la porta di Dio”.
Nella bibbia troviamo infatti alcune situazioni molto importanti che ci parlano di porte che hanno un significato importante nella relazione tra Dio e gli uomini.
Vi propongo quindi di fare insieme a me un breve percorso nella scrittura per andare a vedere dove troviamo queste porte. Vi assicuro che vi stupirete di come questa simbologia sia presente ed estremamente significativa per la nostra vita spirituale.
La porta dell’EdenCominciamo così con il libro della Genesi dove troviamo non esattamente una porta, ma comunque una soglia, un varco da cui Adamo ed Eva hanno dovuto uscire senza poter più farci ritorno. Avevano disubbidito all’unico comandamento di Dio e avevano preferito ascoltare la voce di Satana. Presero il frutto della conoscenza del bene e male dall’unico albero che Dio aveva loro proibito di prendere.
Leggiamo dal libro della Genesi, capitolo 3, dal versetto 22 al 24:
Genesi 3:22 Poi l’Eterno Iddio disse: “Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell’albero della vita, ne mangi e viva per sempre”. 23 Perciò l’Eterno Iddio mandò via l’uomo dal giardino di Eden, perché lavorasse la terra dalla quale era stato tratto. 24 Così egli scacciò l’uomo; e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini, che vibravano da ogni parte una spada fiammeggiante, per custodire la via dell’albero della vita.
Abbiamo appena letto di come Dio abbia creato la prima porta per dividere l’Eden dal resto del mondo. Una porta che divide il luogo in cui incontrare Dio, dal luogo in cui è l’uomo che ritiene di essere al vertice della conoscenza e di poter decidere che cosa è bene e cosa è male. Di fronte ad una tale ribellione, Dio decide di cacciare Adamo e Eva dalla Sua presenza e di chiudere l’accesso all’Eden in modo tale che gli uomini non potessero più giungere all’albero della vita e vivere per sempre. Dio ha chiuso la porta dell’Eden con degli angeli molto potenti, i cherubini, a cui ha dato il compito di impedire a chiunque di entrare.
Questa è la prima porta di cui si parla nella bibbia e purtroppo si tratta di una porta che si chiude. È una porta che separa e che chiarisce ciò che è gradito a Dio da ciò che non lo è. Che definisce ciò che è santo, da ciò che non lo è. È una porta che sancisce un giudizio di Dio inderogabile. L’uomo, creato per vivere in eterno con Dio viene condannato alla morte a causa della Suo desiderio di essere come Dio.
La porta dell’arca di NoèIl libro della Genesi ci parla anche di un’altra porta molto importante: La porta dell’arca di Noè. L’arca è stata costruita da Noè per salvare ogni specie vivente che respirava dal giudizio che Dio fece arrivare sul mondo sottoforma di diluvio universale.
In questa arca c’era una sola porta per entrare e un’unica finestra che era rivolta verso il cielo.
Già questo ci dice che la via della salvezza dal giudizio divino è una porta, una sola porta e che nell’attesa del giudizio dobbiamo solo guardare in una direzione, ovvero verso l’alto. Non ci sono altre porte che danno la salvezza. È interessante notare che fu Dio stesso a chiudere la porta dell’arca. Leggiamo quindi Genesi 7:15-17
Di ogni essere vivente in cui è alito di vita venne una coppia a Noè nell’arca: venivano maschio e femmina di ogni specie, come Dio aveva comandato a Noè; poi l’Eterno lo chiuse dentro l’arca. E il diluvio venne sopra la terra per quaranta giorni;
In questo caso vediamo che la porta è un simbolo di salvezza, ma al tempo stesso anche di giudizio. Nell’arca salirono solo 8 persone, tutte le altre furono spazzate via dal diluvio che Dio mandò sulla terra perché gli uomini era diventati malvagi.
Il fatto che sia stato Dio a chiudere la porta ci dice che è Dio ad avere le chiavi della porta e a decidere quando è arrivato il momento di dare corso al giudizio universale. È Lui che sa quando tutti coloro che Lui ha preconosciuto come Sue pecore sono entrati nell’ovile del buon pastore. Noi abbiamo il compito di farci trovare dalla parte giusta della porta; come fece Noè con tutta la sua famiglia.
La porta del santissimoFacciamo ora un salto di migliaia di anni ovvero quando Mosè costruì il tabernacolo. Per farla breve, il tabernacolo era il luogo dove si celebravano tutti i riti ebraici e dove Dio incontrava Mosè. Era composto da un cortile e da una tenda. Nella tenda, dove erano conservati gli oggetti più sacri, potevano entrare solo i sacerdoti. Il popolo portava con sé il tabernacolo in ogni luogo dove andasse.
Nel punto più profondo della tenda sacra c’era una stanzetta in cui era conservata l’arca del patto. Da quella stanzetta, che si chiamava il santissimo, usciva la nube di fumo che di notte era una colonna di fuoco. Questa nube segnalava la presenza di Dio tra il popolo. Quello era il luogo dove si poteva incontrare Dio ed era anche il luogo più inaccessibile di Israele tanto è vero che vi poteva entrare solo il sommo sacerdote e solo per una volta all’anno. Chiunque altro vi entrava sarebbe morto perché era impossibile resistere al fuoco consumante di Dio.
Per entrare in questo santissimo vi era una porta che non era fatta di legno o di ferro, bensì era un velo molto spesso (circa 10 cm). Su quel velo erano ricamati dei cherubini. Si, esattamente gli stessi angeli che Dio aveva messo a guardia alle porte dell’Eden dopo aver cacciato Adamo ed Eva a causa del loro peccato.
Anche in questo caso vediamo che la porta è una soglia che separa l’uomo da Dio. È un velo che separa ciò che è santo da ciò che è imperfetto e peccatore. Ma vediamo anche che vi era un uomo che potevano entrare da quella porta. Questo era il segno premonitore che sarebbe arrivato un uomo di Dio che avrebbe aperto una volta per sempre questa porta.
Centinaia di anni dopo, quando Salomone costruì il primo tempio di Gerusalemme, lo fece in legno e in pietra e ovviamente costruì anche il santissimo. E anche in quel caso Dio scese in esso in una nuvola di fumo. E anche allora nel santissimo poteva entrare solo il sommo sacerdote solo una volta all’anno. E anche allora la porta del santissimo era un velo molto spesso fatto in tessuto dove erano ricamati i cherubini.
Poche centinaia di anni dopo, il tempio di Salomone fu distrutto dai Babilonesi e gli ebrei ricostruirono il tempio secondo lo schema del primo e quindi rifecero anche il velo che separava il santissimo dal resto del tempio.
Vediamo così che la via che porta ad incontrare Dio è rimasta chiusa dai tempi di Adamo ed Eva fino ai giorni in cui Gesù visse per un tempo su questa terra.
La porta viene aperta per sempre
Gesù chiamava il tempio la casa di mio padre e gli insegnamenti più importanti riguardo alla Sua natura divina li diede proprio all’interno del tempio. Ma la cosa più importante che Gesù fece nel tempio fu quella di aprire una volta per tutte la tenda che separava il santissimo dal resto del tempio. Per farlo dovette morire sulla croce.
Leggiamo Matteo 27:50-51 E Gesù, avendo di nuovo gridato a gran voce, rese lo spirito. Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo; la terra tremò e le rocce si schiantarono;
Vi siete mai chiesti perché era necessaria la morte di Gesù per aprire questa porta?
Il sommo sacerdote, quando entrava nel santissimo doveva eseguire una serie di rituali e fare sacrifici di animali per espiare il peccato del popolo. Ma siccome questi sacrifici non erano perfetti, essi dovevano essere continuamente ripetuti negli anni.
Gesù salì sulla croce come l’Agnello perfetto di Dio che toglie il peccato del mondo.
Gesù era il sacrificio definitivo per espiare tutti i peccati dell’umanità di fronte a Dio. Questa era l’unica via possibile per gli uomini per tornare ad avere una vera comunione con Dio. Gesù, quindi, è colui che apre la porta che separava l’uomo peccatore dal Dio della perfezione e della verità.
Il velo del santissimo che si squarcia dall’alto verso il basso raffigura l’opera che Dio ha fatto donando il corpo e il sangue del proprio figlio unigenito affinché l’uomo peccatore potesse ritornare a parlare con Dio, così come potevano fare Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden prima di cadere nel peccato.
Questa verità viene illustrata molto bene nella lettera agli Ebrei ed in particolare nel capitolo 10. Non potendo leggere qui tutto il capitolo vi propongo di leggere solo un breve passaggio da questa lettera:
Ebrei 10:19-20 Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel santuario in virtù del sangue di Gesù, 20 la via recente e vivente che egli ha inaugurata per noi attraverso il velo, vale a dire la sua carne.
Questi versetti ci dicono che ora siamo liberi di entrare nel santissimo perché Gesù ha versato il Suo sangue per lavare i nostri peccati e perché il suo corpo è stato squarciato dall’alto verso il basso, ovvero per volontà di Dio.
Ecco che così ora possiamo ritornare all’affermazione di Gesù che abbiamo letto all’inizio: “Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato”
E ora credo che tutti noi possiamo meglio capire che cosa intende Gesù quando dice di essere la porta, l’unica porta che porta alla salvezza, ovvero alla vita eterna insieme al Padre celeste, al nostro Creatore e al Suo Agnello.
Le porte eterneNella Gerusalemme celeste, la magnifica città eterna che scenderà dal cielo vi saranno 12 porte da cui potranno entrare solo coloro che hanno lavato le loro vesti (ovvero i loro peccati) con il sangue di Gesù. In quel luogo troveranno di nuovo l’albero della vita da cui l’uomo peccatore non può attingere per vivere in eterno.
Vi lascio quindi con questa visione dell’apostolo Giovanni che ci proietta nel luogo a cui sono destinate tutte le pecore che Gesù chiama per nome e che accettano di entrare da quella unica porta di salvezza che è la carne di Gesù Cristo.
Gesù stesso dice:
Apocalisse 22:13-14Io sono l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine. 14 Beati quelli che lavano le loro vesti per avere diritto all’albero della vita e per entrare per le porte nella città!
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