Il pane della vita

Cari fratelli e care sorelle, il testo biblico di oggi non è il racconto di un miracolo e nemmeno una parabola, ma bensì un discorso molto serio che Gesù fece alla moltitudine di gente che lo seguiva, ma che fa anche noi che siamo qui oggi.

Come sempre, prima di andare al testo della predica è buona cosa inquadrare la situazione in cui si colloca il racconto prendendo in considerazione l’intero capitolo 6 del vangelo di Giovanni (aprite la bibbia). Questo capitolo ci parla in particolare di un miracolo straordinario che Gesù fece mentre era in Galilea.
Con 5 pani e due pesci Gesù riuscì a sfamare migliaia di persone e ad avanzare ancora 12 ceste. Per questo motivo molta gente stravedeva per Lui e lo seguiva ovunque Egli andasse.

Ma nel vangelo troviamo anche scritto che l’immensa folla che Lo seguiva non aveva capito chi fosse veramente Gesù e quale fosse la cosa fondamentale che Gesù voleva donare loro. Infatti, Gesù stesso disse a queste persone: Giov 6:26 In verità, in verità vi dico che voi mi cercate, non perché avete visto dei segni miracolosi, ma perché avete mangiato dei pani e siete stati saziati. 27 Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà;

La parola di Dio è indispensabile come lo è il cibo quotidiano, come l’acqua che beviamo, come l’aria che respiriamo. Nessuna persona può vivere senza cibo spirituale e nessuna anima può gioire in eterno se non si abbevera alla fonte dell’acqua della vita. Questo cibo e questa bevanda ci sono stati donati da Dio. Perché il cibo e la bevanda per il nostro spirito è il Suo stesso Figlio.

Per questa ragione, nessun predicatore potrà mai dire delle cose migliori di quelle che troviamo scritte nella bibbia. Nessun nostro fratello o sorella potrà mai darci un consiglio migliore di quello che troviamo scritto nel libro della saggezza di Dio. Nessuna preghiera proferita in pubblico potrà mai eguagliare in profondità e verità il dialogo intimo che si instaura tra il singolo credente e Gesù.

Gesù aveva certamente un rapporto speciale con Dio, ma il fatto che i vangeli ci parlano dei momenti di preghiera di Gesù indica che anche noi siamo chiamati ad imitarlo e a ricercare nella solitudine questi momenti di dialogo con Lui. Non dobbiamo temere questi momenti di verità in cui ci presentiamo per così dire nudi di fronte a Dio, perché è proprio in questi momenti che possiamo prendere decisioni importanti che possono segnare la nostra vita per sempre, anche per l’eternità.

Ho fatto questa premessa proprio perché questo è l’aspetto principale di cui Gesù parla in modo anche ripetitivo in questo capitolo, arrivando anche a dire delle frasi provocatorie pur di riuscire a far capire l’importanza di quanto sta dicendo.

Per tale ragione, leggerò lentamente, con calma e vi prego di ascoltare con attenzione, perché nessuna parola, anche se ripetuta è superflua.
Per agevolare l’ascolto e la riflessione ho diviso il testo in 3 blocchi.
Leggiamo dal vangelo di Giovanni capitolo 6 i versetti dal 47 al 51:
Giov. 6-47 In verità, in verità io vi dico: Chi crede ha vita eterna. 48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. 50 Questo è il pane che discende dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno e il pane che darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo”.

Io sono il pane vivente che è disceso dal cielo. Questo è il primo dei sette “Io sono” che Gesù proclama solennemente nel vangelo di Giovanni. Gesù afferma anche di essere la luce che squarcia le tenebre di questo mondo, la porta per giungere al Padre, il buon pastore che muore per le Sue pecore, la resurrezione dopo la morte, dice di essere la via, la verità e la vita, e infine dice di essere la vera vite che permette ai tralci di portare il buon frutto.

In questi “Io sono” è evidente che Gesù sta parlando in modo simbolico. Quando Gesù dice di essere il pane vivente e invita le persone a mangiare la sua carne, di certo non sta invitando al cannibalismo e nessuno, a quei tempi, ha mai pensato di mangiare fisicamente il corpo di Cristo.

Tuttavia, bisogna rilevare che la dottrina cattolica insegna proprio questo quando parla di transustanziazione. Che cosa insegna questa dottrina? Il pane che viene consacrato sull’altare dal prete diventa corpo di Cristo a tutti gli effetti (a parte l’aspetto esteriore e il gusto). Il credente che mangia questo pane consacrato (particola) avrebbe quindi la vita eterna.

A tal proposito è importante notare come una frase che Gesù pronuncia in un chiaro contesto simbolico, venga presa a pretesto per generare una dottrina religiosa che ha un obiettivo diverso da quello originario. Così facendo inserisce nella vita di fede del credente un elemento sovrannaturale che non è un miracolo, ma una magia.

Ora, chiunque legge la frase di Gesù nel contesto in cui viene detta, capisce che non era questo quello che Gesù intendeva dire. Tuttavia, già a quei tempi, come ai giorni nostri vi erano e vi sono persone che fraintendono questa frase. Lo fanno in modo più o meno consapevole, ma nella sostanza credono che prendendo una particola consacrata essi ricevono la vita eterna. Cosa hanno fatto per avere la vita eterna? Hanno creduto in un atto magico che non ha alcun fondamento nella parola di Dio. E questo è quanto di più lontano da quello che Gesù ci vuole insegnare proprio in questo brano. Come vedremo in seguito.

Ma proprio perché le persone religiose non capiscono questo parlare, Gesù ritiene necessario ripetere il concetto rincarando la dose.
Leggiamo dal versetto 52 al 56: I Giudei, dunque, disputavano fra di loro, dicendo: “Come può costui darci da mangiare la sua carne?”. 53 Perciò Gesù disse loro: “In verità, in verità io vi dico che, se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda.

Fatemi dire prima di tutto questo: “Grazie Gesù per essere così tagliente quando serve”. Quello che abbiamo sentito è un atto di amore di Gesù e vi spiego il perché. Di fronte alle persone che odono, ma non intendono (e nessuno si senta escluso) Gesù porta la metafora al limite dell’accettabile. Per dirla in modo più moderno, potremmo dire che Gesù fa una provocazione anticonformista.

Gli ebrei del tempo di certo non potevano accettare il cannibalismo, tant’è che il solo toccare il corpo di un uomo morto li rendeva impuri. Ma non solo, la legge mosaica vieta di mangiare il sangue degli animali, figuriamoci quello delle persone! E Gesù che cosa dice a questi religiosi ebrei? Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue non ha la vita eterna. Una cosa di grande abominio ai loro occhi!

Gesù è disposto ad andare anche fuori dalle righe quando si tratta di svegliare qualcuno dal sonno mortale della religione. E lo fa grazie alla grande autorità che ha ricevuto dal Padre. E questa non è provocazione fine a sé stessa, ma amore divino.

Quando Dio va oltre le regole che Lui stesso ha dato, compie un atto di amore per liberare l’uomo dalle catene della religione che si è messo addosso da solo.
L’intero ministero di Gesù è praticamente dedicato a questo: Scuotere le persone dal torpore delle regole generate dagli uomini sulla base della legge divina.

A quei tempi era la legge mosaica, ma oggi può benissimo essere la religione cattolica, quella ortodossa, quella protestante. Ed un germe di religiosità lo portiamo tutti dentro di noi. È una cosa che fa parte della natura umana.

Come abbiamo letto prima, Gesù non vuole avere un gregge di pecore che lo seguono solo perché così trovano il cibo per il loro ventre. Gesù non è la Caritas (con tutto il rispetto e l’ammirazione per questa organizzazione e per le persone che vi lavorano).
Né tantomeno Gesù vuole avere delle pecore che seguono altre pecore senza chiedersi dove vanno. Gesù vuole essere il pastore di pecore che sentono la Sua voce e lo seguono. Ciò che conta veramente è che loro conoscano il vero pastore.

Veniamo così al punto centrale, al messaggio più importante di questo brano.
Leggiamo i versetti dal 56 al 58: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. 57 Come il Padre vivente mi ha mandato e io vivo a motivo del Padre, così chi mi mangia vivrà anch’egli a motivo di me. 58 Questo è il pane che è disceso dal cielo; non come quello che i padri mangiarono e morirono; chi mangia di questo pane vivrà in eterno”.

“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui”
Questa, a mio avviso è la frase centrale di tutto il discorso di Gesù.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui”
Questa è l’unica vera opera che il credente è chiamato a fare.

Ma cosa intende veramente Gesù quando dice che dobbiamo mangiare la Sua carne e bere il Suo sangue?

“Noi siamo ciò che mangiamo” Questa frase è stata concepita da un filosofo ateo del 19° secolo per sottolineare la dimensione materiale dell’essere umano. Una massima che oggi va molto di moda e che viene spesso citata da chi ritiene che la nutrizione sia alla base di una vita sana. Anche io penso che nutrirsi bene ed in modo equilibrato e sano sia una cosa molto importante, ma al tempo stesso mi rendo anche conto che questo non può bastare per non ammalarsi, ma soprattutto che questo non può dare risposta alla vera fame che l’uomo ha dentro di sé.

In altre parole, l’uomo non è mai veramente sazio. Può dimenticare la fame per un certo di tempo, ma poi sentirà inevitabilmente il bisogno di colmare un buco, un vuoto che ha dentro di sé. E questo anche se ha la pancia piena. Molto spesso capita che le persone compensano tale mancanza mangiando ancora di più e spesso mangiando alimenti che di certo non fanno molto bene alla salute corporale.

Una riprova di questo lo abbiamo proprio nelle società dove c’è la più grande abbondanza e varietà di cibo. Uno dei maggiori problemi sanitari del nostro mondo sono proprio le malattie derivanti da un’alimentazione eccessiva e squilibrata.

Ma non voglio parlare di questo, piuttosto del fatto che è proprio Gesù che ci dice che il cibo più importante e più salutare non è quello che ingeriamo con la bocca, ma quello che assumiamo con le orecchie e che digeriamo con il cuore.
E questo cibo ha un nome e un marchio. Si chiama Gesù, il Cristo.

Il Suo è un cibo che non perisce mai, e che non fa perire nessuno.
Questo cibo ha la vita in sé e dona la vita a chi lo mangia.
Questo cibo non cresce nei campi, ma scende dal cielo.
È un cibo sempre pronto che non scuoce mai e che non è mai freddo.
È un cibo equilibrato che rende sazi e che dona la vera pace.
Questo cibo non è stato preparato da mani umane, ma da Dio in persona, che ci ha messo il più grande amore che questo mondo abbia mai conosciuto.
Ed infine, questo cibo è gratuito come la grazia.

Credo che abbiate notato tutti che Gesù non dice di essere colui che dona il pane, ma bensì di essere Lui stesso il pane della vita. Proprio per aiutarci a capire questo concetto ci dice di mangiare la sua carne. Perché non si tratta solo di accettare quello che Gesù ha detto, ma di viverlo dentro di noi.

Certamente, ascoltare la Sua parola e credere in quello che dice è importante, ma Gesù sa che questo non è sufficiente per vincere questo mondo. L’adesione ideale al suo vangelo è solo un primo passo nella giusta direzione. Solo sperimentando la parola nella vita di tutti giorni è possibile coltivare una fede autentica e sperimentare le difficoltà e le gioia che solo Lui ci può dare.

Gesù dice: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.

Gesù ci insegna anche a rivolgerci in questo modo al padre celeste: Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori.

Vedo una stretta relazione tra questi due insegnamenti di Gesù.
Gesù ci chiede di entrare a far parte della nostra vita così come lo sono il cibo e l’acqua. Ogni giorno siamo chiamati a mangiare la Sua parola come mangiamo il pane quotidiano. Ogni giorno abbiamo bisogno di bere il suo sangue perché ogni giorno abbiamo bisogno di perdonare e di essere perdonati.

La Sua parola è il pane della vita che ci dà la luce e la forza per vivere in questo mondo senza farne veramente parte. Il suo sangue è la fonte del perdono che ci permette di vivere in pace con gli altri e con Dio.

Gesù ci chiede di mangiare la Sua parola in ogni giorno della nostra esistenza. Lo possiamo fare con le nostre orecchie, con i nostri occhi o anche solo con i nostri pensieri. Dopodiché comincia il processo di digestione che è affidato al nostro cuore. Il cuore, che nella cultura ebraica non è il luogo dei sentimenti, ma della volontà, ha il compito di trasformare quanto ascoltato in atti concreti. Gesù ci insegna proprio questo quando ci dice che chi ascolta la Sua parola e la mette in pratica è come l’uomo avveduto che ha costruito la casa sulla roccia.

Il cuore pompa il sangue fresco di un colore rosso vivo in ogni parte del corpo. Ma il cuore si occupa anche di recuperare il sangue stanco per farlo rivitalizzare e per ripulirlo dalle scorie. Se beviamo il sangue di Gesù questo processo di purificazione e rivitalizzazione del nostro essere può avvenire in ogni momento della nostra vita. Quando ci convertiamo, ma anche e soprattutto durante il nostro vivere da cristiani. Quando ci presentiamo davanti al nostro Salvatore e lo ringraziamo chiedendo perdono per i nostri peccati quotidiani, Lui è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità.

Dobbiamo quindi comprendere che Gesù ci chiama a mettere in pratica l’amore di Dio in ogni aspetto della nostra vita. Questa è un’impresa molto difficile per chiunque. Ma proprio per questo Gesù ci chiede di bere il Suo sangue, affinché la vita di Gesù possa scorrere nelle nostre vene per giungere in ogni aspetto della nostra vita e per consentirci di trasmettere ad altre persone l’amore di Cristo.

Credo quindi che ora sia un po’ più chiaro per tutti, me compreso, che cosa vuol dirci Gesù quando parla di mangiare la Sua carne e di bere il Suo sangue.

In conclusione, vorrei tornare alla massima del filosofo bavarese che dice:
“Noi siamo ciò che mangiamo”. Sul piano strettamente biologico è vero che il nostro corpo è composto in massima parte dagli elementi di base che noi assumiamo dal cibo e dalle bevande. Ed è anche vero che una buona alimentazione favorisce anche una salute psico-fisica migliore e che tutto ciò può far bene alla nostra anima.

Ma quai a noi se dimentichiamo che Dio ci ha dato anche uno spirito e che lo spirito viene prima del corpo e dell’anima. Infatti, è lo spirito che dona vita.
Ed è solo lo spirito che ci permette di entrare in comunione con Dio che è il solo che può saziare la nostra fame di amore e la nostra sete di pace.

Come cristiani possiamo quindi dire che sì certamente anche noi siamo ciò che mangiamo. Anche noi sottostiamo alle leggi della natura e abbiamo il dovere di mantenere al meglio il nostro corpo. Ma per quanto riguarda la nostra anima, Dio ci offre anche la possibilità di nutrirci di Gesù.

Gesù è l’unico nutrimento che fa bene al nostro spirito e di conseguenza anche alla nostra anima. Anima che, non dimentichiamolo, è destinata a vivere per l’eternità.

Se mangiamo la carne di Gesù e beviamo il Suo sangue dimoriamo in Lui e Lui in noi. E quale altra cosa può eguagliare in bellezza, pace, gioia e amore questa convivenza?

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