Fuori dall’Arca
Leggiamo dal libro della Genesi, capitolo 8, i versetti da 1 a 5:
Poi Dio si ricordò di Noè, di tutti gli animali e di tutto il bestiame che era con lui nell’arca; e Dio fece passare un vento sulla terra e le acque si calmarono; 2 le fonti dell’abisso e le cateratte del cielo furono chiuse, e cessò la pioggia dal cielo; 3 le acque andarono via via ritirandosi di sulla terra, e alla fine di centocinquanta giorni cominciarono a diminuire. 4 Nel settimo mese, il diciassettesimo giorno del mese, l’arca si fermò sulle montagne dell’Ararat. 5 Le acque andarono diminuendo fino al decimo mese. Nel decimo mese, il primo giorno del mese, apparvero le vette dei monti.
Abbiamo concluso l’ultimo studio sottolineando come l’Arca può rappresentare simbolicamente per il credente, quel luogo in cui ci incontriamo col Signore.
Lì il Signore ci protegge dal mare agitato della nostra vita, li sono radunati i salvati, quelli che sono scampati al giudizio. In questo senso possiamo pensare che la nostra cameretta, dove preghiamo, ascoltiamo Dio, meditiamo la Sua Parola, è come l’Arca. Ma lo è anche la chiesa, dove i salvati si riuniscono per lodare Dio e per ricordare la Sua opera in Gesù.
Quante volte la nostra vita è in burrasca ed abbiamo la sensazione che anche Dio si sia dimenticato di noi. Il versetto 1 ci dice che: “Dio si ricordò di Noè…” Dio non dimentica i suoi figli, quelli che si affidano a Lui. Dimentica solo il loro peccato. È per noi una grande consolazione sapere questo e un grande incoraggiamento perché prima o poi Dio interverrà in qualunque situazione noi ci troviamo. Il testo prosegue affermando che “Dio fece passare un vento sulla terra e le acque si calmarono … cessò la pioggia dal cielo … e l’Arca si fermò sulle montagne di Ararat.”
La parola che dai testi originali è qui tradotta con “vento” ha anche il significato di “Spirito”.
Dio opera attraverso lo Spirito nella nostra vita; dal soffio vitale al momento della creazione, alla nuova nascita al momento della conversione.
Giovanni al capitolo 3 del suo vangelo riporta ai versetti 7 e 8 queste parole di Gesù:
“Bisogna che nasciate di nuovo. Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; così è di chiunque è nato nello Spirito.”
Le acque si calmano. C’è bonaccia nella nostra vita, una bonaccia spirituale, che ci fa sentire in pace e sereni anche in mezzo a mille problemi. Gesù dice nel Suo Vangelo: “Venite a me, voi tutti che siete aggravati e tormentati e io darò riposo alle anime vostre.”
Abbiamo tutti bisogno del riposo che ci dà il Signore.
E’ interessante notare, che, quando nel versetto 4 del nostro testo si dice che “L’Arca si fermò” il verbo qui tradotto “fermò”, significa letteralmente “si riposò”.
A questo punto del racconto l’Arca si trova sulla cima di un monte e resterà li ancora per molti giorni. Si può pensare ancora una volta che Dio abbia abbandonato Noè, la sua famiglia e gli animali. Mente prima del diluvio Dio aveva dato chiare indicazioni a Noè, ora deve arrangiarsi da solo. Dio ha provveduto alla sua salvezza; Egli fa quello che per noi uomini è impossibile fare.
Ma poi ci invita a crescere nella nostra fede. Paolo ai Romani scrive “Quanto allo zelo, non siate pigri” (Romani Capitolo 12:11). Noi credenti sappiamo molto bene che non possiamo raggiungere la salvezza con i nostri sforzi, senza l’intervento di Dio. Ma questo non ci deve fare pensare che la vita cristiana diventi un “dolce far niente”, nella certezza che Dio poi provvederà. Dio provvederà con azioni o con parole, ma ci vuole comunque “attivi” e non “dormienti”.
In mancanza di disposizioni Noè prende l’iniziativa. Apre la finestra dell’Arca e manda fuori prima un corvo e poi una colomba, per sapere a che punto era il mondo circostante. Mi colpisce profondamente la grande pazienza di Noè. Se analizziamo il testo del capitolo 8 scopriamo che l’Arca è rimasta chiusa per complessivi 382 giorni. Di questi 7 prima del diluvio, 220 durante il diluvio e tutti gli altri sulla cima del monte Ararat ad aspettare.
Noè è un esempio non solo per la fede, ma anche per la pazienza. Io credo che in una situazione analoga avrei preso l’iniziativa ed avrei aperto la porta molto prima, trovandomi poi in difficoltà. Questo ci insegna che i tempi di Dio sono sempre migliori dei nostri. Noè attende un comando da Dio. Ricordiamoci sempre che ogni volta che facciamo delle scelte dobbiamo considerare Dio e i suoi tempi, non i nostri. Noi vorremmo che le malattie guarissero” presto”; che i figli diventino grandi “presto”; che troviamo “presto” un lavoro o una casa; che la nostra chiesa cresca “presto” numerosa. E se non è così ci sentiamo frustrati. Dobbiamo imparare ad attendere!
Ora voglio leggere con voi i versetti 8 e 9 del capitolo 8 di Genesi:
Poi mandò fuori la colomba per vedere se le acque fossero diminuite sulla superficie della terra.
La colomba non trovò dove posare la pianta del suo piede e tornò a lui nell’arca, perché c’erano le acque sulla superficie di tutta la terra; ed egli stese la mano, la prese e la portò con sé dentro l’arca.
Che bella immagine di come deve essere la vita di un credente. Forse al mattino appena svegli abbiamo un tempo di raccoglimento col Signore, davanti alla Sua parola, ma poi dobbiamo andare a lavorare o a scuola. Oppure alla domenica ci siamo riuniti con i fratelli ad adorare, ma poi inizia una settimana di fatica nelle attività che abbiamo nel mondo. La nostra vita quotidiana è piena di stress, ansie, preoccupazioni. Vediamo tante ingiustizie e abbiamo veramente la sensazione di essere fuori luogo, di non “sapere dove posare la pianta del nostro piede” perché dappertutto incontriamo ostacoli e contraddizioni. Sentiamo il bisogno di un “riposo” spirituale.
La colomba ci insegna che in una simile situazione “tornò a lui (Noè) nell’Arca”. Qui Noè stende la mano, la prese e la porta con sé dentro l’Arca. Per noi questo significa ritornare al Signore, nella nostra cameretta, oppure nella chiesa, all’adorazione domenicale ed alla comunione fraterna.
Qui il Signore, come Noè, ci accoglie e ci fa entrare in un luogo di dialogo con lui.
È il luogo dove il credente trova riposo.
Esprime molto bene questo sentimento il Salmo 116, versetto 7 e 8:
Ritorna, anima mia, al tuo riposo, perché il SIGNORE t’ha colmata di grazie. Tu hai preservato l’anima mia dalla morte, i miei occhi dalle lacrime, i miei piedi da cadute.
Spesso assistiamo ad un fenomeno strano. Ci sono persone che proprio quando sono in situazioni difficili: una malattia, un conflitto difficile da superare, una difficoltà apparentemente senza via di uscita, si isolano e si sentono giustificati a non frequentare la chiesa, a non avere comunione con i fratelli e a dimenticare il rapporto con Dio e con la Sua Parola.
Ma questo è un controsenso, perché proprio nel momento in cui ne hanno più bisogno, essi si privano del nutrimento che dà forza, pace e serenità.
Come Noè, Gesù aiuta e accoglie chi va a Lui per trovare ristoro.
A questo punto, dopo una lunga attesa paziente e fiduciosa, Dio parla a Noè.
Leggiamo Genesi, capitolo 8, versetti 15 e 16: Dio parlò allora a Noè dicendo: «Esci dall’arca tu, tua moglie, i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te.
Talvolta pensiamo che la nostra sorte è nelle nostre mani. Ma se non fosse per la Parola di Dio, saremmo perduti. Nel versetto 1 del Capitolo 7, Dio aveva parlato con Noè ed aveva dato un ordine opposto: “E Dio disse a Noè: “Entra nell’Arca, tu, tua moglie, i tuoi figli … “
Sono due inviti apparentemente contrastanti, ma che ci fanno capire il modello della vita cristiana. Il primo passo è quello di entrare nell’Arca. Qui Noè trova pace e riposo, ed è liberato dal timore del giudizio mandato da Dio sull’uomo ribelle. Pace e riposo gli fanno trovare forze nuove.
Rigenerato nello spirito riceve ora il secondo invito, quello di uscire dall’Arca. La vita del credente è fatta di questi due momenti: un momento davanti al Signore, ma poi un tempo nel mondo per compiere tutte le opere che Dio ha preparato per noi.
Nel Vangelo di Matteo, capitolo 28, versetto 19, Gesù dice: Andate, dunque, e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Noi abbiamo un compito nel mondo. Quello di annunciare la Sua Parola.
Questo “entrare” ed “uscire” dalla presenza del nostro Signore, sono due movimenti essenziali nella vita del credente. L’uno e l’altro sono indispensabili.
Pensate ad esempio una chiesa completamente chiusa al mondo, dove la fede è vissuta come un’esperienza ascetica, dove si vive in una “bolla” spirituale, isolati da tutto e da tutti.
Oppure, all’opposto, pensate ad una chiesa talmente aperta al mondo, da assorbirne il modo di pensare, senza mai confrontarsi con la Parola di Dio. Sono due esempi di vita cristiana che portano a frutti alquanto discutibili.
Gesù ci parla di questo “entrare” ed “uscire” nel Vangelo di Giovanni al capitolo 10, versetto 9:
Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato, entrerà e uscirà, e troverà pastura.
Il racconto di Genesi prosegue e ora possiamo leggere i versetti da 20 a 22 del capitolo 8:
Noè costruì un altare al SIGNORE; prese animali puri di ogni specie e uccelli puri di ogni specie e offrì olocausti sull’altare. Il SIGNORE sentì un odore soave; e il SIGNORE disse in cuor suo: «Io non maledirò più la terra a motivo dell’uomo, poiché il cuore dell’uomo concepisce disegni malvagi fin dall’adolescenza; non colpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché la terra durerà, semina e raccolta, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno mai».
Noè esce dall’Arca con tutti i passeggeri. Trova intorno a sé un mondo completamente distrutto. Io al suo posto avrei cominciato a costruire una casa, ma lui invece costruisce un altare all’Eterno, offre olocausti e l’Eterno sente un odore soave.
Noè si ferma per ringraziare. Lui vuole iniziare bene. Offre un sacrificio che è gradito al Signore.
Questo ci riporta a Gesù Cristo, L’Agnello immolato per noi. La grazia di Dio si fonda sull’opera di Gesù sulla croce. Anche noi dobbiamo ringraziare Dio. Oggi non è più necessario sacrificare un animale, ma Paolo ci insegna che dobbiamo portare “sacrifici di lode”. Nel libro dell’Apocalisse è scritto che le preghiere dei santi sono “coppe d’oro piene di profumo” gradite a Dio. Dio guarda il sacrificio di Gesù e in virtù di questo apprezza le nostre piccole offerte, la nostra piccola fede, ascolta le nostre lodi e accetta la nostra adorazione.
Dio non solo si rallegra ma prende un impegno con gli uomini (ma anche con gli animali) e fa la solenne promessa di non maledire più la terra a motivo dell’uomo. Il Signore sa che l’uomo, per sua natura, non potrà mai essere trattato per quello che si merita. Altrimenti dovrebbe mandare diluvi in continuazione.
Dio decide di cambiare il Suo agire e di operare attraverso la “Sua grazia.” Si impegna a non più maledire la terra, nonostante che la creazione non si è ravveduta. C’è un’altra Arca in cui far entrare gli uomini che vogliono avere la salvezza. La porta di questa nuova Arca è Gesù.
Il giudizio di Dio è solo rinviato. Ecco perché oggi come allora ognuno di noi deve costruire, come Noè, la sua Arca. Pensiamoci ora che abbiamo ancora il tempo per farlo.
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