Leggiamo Genesi, capitolo 1, versetti 1 e 2 Nel principio Dio creò i cieli e la terra. La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque.
Dio dichiara di essere creatore di ogni cosa.
Al contrario gli scienziati per lungo tempo hanno contrapposto la teoria del caso. L’universo e tutte le cose esistono per caso e non per l’opera di un creatore. Sono due modi di vedere ed entrambi sono basati su una fede. Noi partiamo dalla fede in Gesù è questo sarà la nostra chiave di lettura di questo meraviglioso libro della Genesi. (leggi anche lettera agli Ebrei 11:3)
“In principio”. Dio ha creato prima di tutto il tempo. E qui parla dell’inizio del tempo.
Quando saremo in paradiso non ci sarà il tempo e così non c’era il tempo prima che Dio iniziasse la sua opera creatrice. Ma cosa c’era prima?
Alcuni testi (Isaia 14:12-15 – Ezechiele 28:14-29 – 2Pietro 2:4) ci fanno pensare che Dio esisteva da sempre e che con lui esistevano degli angeli, opera di una precedente creazione. Uno di questi angeli tentò di usurpare il trono di Dio, divenne perverso e violento e si ribellò a Dio. Questi racconti ci spiegano la presenza di Satana sulla terra.
Il termine Elohim significa Dio, ma è al plurale. Al versetto 26 di Genesi 1 è scritto che Dio disse: “facciamo l’uomo…” Facciamo è un verbo in forma plurale.
Questo ci porta al mistero della trinità. Al momento della creazione erano presenti Dio e lo Spirito di Dio. Inoltre, il vangelo di Giovanni, capitolo 1 dal versetto 1 al 14, ci dice che era presente anche la Parola e che questa parola si è fatta carne ed è Gesù.
Tuttavia, tutta la scrittura parla di un unico Dio. Il Dio della Bibbia è un Dio unico, presente in tre persone: Padre (Dio sopra di noi), Figlio (Gesù, Dio fra noi) e lo Spirito Santo (Dio in mezzo a noi).
Difficile trovare un modello che ci fa capire questa verità, qualsiasi raffigurazione sarebbe comunque limitata. Lo schema che vi mostro ci fa capire che ogni persona della trinità ha la sua distinta personalità, ma ognuna è Dio, pertanto Dio è uno e trino. Possiamo anche pensare a un trio musicale dove ognuno suona il suo strumento ma la musica è una sola, fatta da un’unica orchestra.
Il termine ebraico “barrà“ significa letteralmente ” creò dal nulla” senza usare cose preesistenti. Dio può ogni cosa, tutto è sotto il suo controllo. Questo incoraggia la preghiera.
Leggiamo insieme i seguenti testi biblici:
Salmo 19 versetto 1 I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l’opera delle sue mani. Impariamo a guardare con stupore le stelle, un fiore, un animale e a riconoscere l’opera di Dio.
Lettera ai Romani capitolo 1, versetti 19 e 20 …quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato loro; infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo, essendo percepite per mezzo delle opere sue;… La creazione mostra la gloria di Dio ed è un elemento che può portare le persone che non conoscono Gesù a credere in Dio. Chi non riconosce Dio nel creato è inescusabile!
Salmo 33 dal versetto 6 al versetto 9 I cieli furono fatti dalla parola del SIGNORE, e tutto il loro esercito dal soffio della sua bocca. Egli ammassò le acque del mare come in un mucchio; rinchiuse gli oceani in serbatoi. Tutta la terra tema il SIGNORE; davanti a lui abbiano timore tutti gli abitanti del mondo. Poiché egli parlò, e la cosa fu; egli comandò e la cosa apparve.
Seconda lettera di Pietro, capitolo 3, dal versetto 5 al 7 Ma costoro dimenticano volontariamente che nel passato, per effetto della parola di Dio, esistettero dei cieli e una terra tratta dall’acqua e sussistente in mezzo all’acqua e che, per queste stesse cause, il mondo di allora, sommerso dall’acqua, perì; mentre i cieli e la terra attuali sono conservati dalla medesima parola, riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della perdizione degli empi. La Parola di Dio ha dato il via alla creazione ma sarà ancora la Parola di Dio che ne determinerà la fine.
Prendevi il tempo di leggere alcune citazioni di scienziati vari, premi Nobel, riportati in libro molto interessante che porta il titolo “Dio, la scienza, le prove” (Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies). Il libro è scritto da vari scienziati di varie branche che negano la teoria del caso e ci spiegano perché oggi, sempre più uomini di scienza cominciano a convincersi che Dio esiste e che la Genesi racconta cose compatibili con la scienza.
Il buon Pastore
Cari fratelli e care sorelle, nella predica di oggi parleremo di Gesù. Per farlo useremo alcuni passaggi in cui è Gesù stesso a dare un’immagine di sé stesso, della propria natura e del proprio operato. E nonostante Gesù sia la persona più potente e sapiente che il mondo abbia mai conosciuto, vedremo come Lui stesso si paragona ad una delle figure più semplici e meno potenti che esistano. Infatti, Gesù si raffigura in uno dei lavori più diffusi ed umili del popolo di Israele: il pastore di pecore. Il pastore è una figura molto cara al popolo ebraico e alla bibbia. Molti importanti personaggi biblici erano pastori. Fra i più noti vi sono Abramo, il patriarca del popolo di Dio, Giacobbe a cui Dio stesso diede il nome di Israele ed il re Davide, un uomo secondo il cuore di Dio. Questo fatto, dovrebbe farci riflettere sull’importanza della similitudine che Gesù ci propone nel capitolo 10 del Vangelo di Giovanni da cui leggeremo alcuni versetti. Mettete per favore un segno in questo punto della bibbia perché ci torneremo più volte. Prima di leggere il testo biblico è necessario ricordare che Gesù questa volta parla per similitudine, ovvero paragona diversi tipi di persone con diversi tipi di mestieri ed animali che il popolo ebraico conosceva molto bene. Inoltre, dobbiamo anche sapere che Gesù indirizza queste frasi ai giudei. Alcune non capivano, altre si scandalizzavano e volevano lapidarlo e altri ancora credevano in Lui. Ma questa similitudine si rivolge anche agli uomini e alle donne di ogni tempo. Sia perché Gesù utilizza un linguaggio molto semplice ed universale, sia perché parla dell’esistenza di pecore che a quel tempo non appartenevano al gregge, ma che ben presto si sarebbero aggiunte per formare un unico gregge, ovvero i cristiani di ieri, di oggi e di domani. In questa similitudine Gesù parla di sé stesso, di cosa ha fatto e di cosa farà per il Suo popolo e ci fa delle promesse solenni, importanti per ognuno di noi; promesse che solo il Dio eterno può mantenere. Leggiamo ora i primi versetti dal 1 al 5:
Gv 10:1 «In verità, in verità vi dico che chi non entra per la porta nell'ovile delle pecore, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2 Ma colui che entra per la porta è il pastore delle pecore. 3 A lui apre il portinaio, e le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le proprie pecore per nome e le conduce fuori. 4 Quando ha messo fuori tutte le sue pecore, va davanti a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 5 Ma un estraneo non lo seguiranno; anzi, fuggiranno via da lui perché non conoscono la voce degli estranei».
In questo testo abbiamo diversi paragoni che vanno spiegati. Abbiamo l’ovile, ovvero il luogo dove sono radunate le pecore. Le pecore sono i giudei del tempo, mentre l’ovile è la loro religione e tradizione. Abbiamo poi la porta dell’ovile. Ovvero il punto di accesso principale per accedere al popolo. Nonostante vi sia una sola porta, vi è modo di accedere all’ovile anche da altre parti come fanno ad es. i ladri e briganti. E qui il riferimento è a tutti coloro che hanno cercato di attirare a sé le persone del popolo senza averne alcuna autorità (ad es. falsi profeti, sacerdoti corrotti, nazioni nemiche, ecc.). Queste persone vengono anche definiti come gli estranei. Abbiamo poi il pastore delle pecore che è l’unico ad avere l’autorità di entrare nell’ovile attraverso questa unica porta. Nei versetti successivi sarà Gesù stesso a spiegare che questo pastore è Lui stesso.
Vi è anche un portinaio che apre solo al vero pastore. Questo portinaio è Dio Padre. A tal riguardo i Vangeli ci riferiscono di come Dio si sia espressamente compiaciuto del Suo Figlio unigenito e di come dal cielo sia sceso su di Lui lo Spirito di Dio. Questo conferma l’autorità di Gesù ad essere il vero e unico pastore del popolo di Dio. Una volta entrato nell’ovile il pastore parla con le pecore e le chiama per nome. Le pecore che gli appartengono riconoscono la Sua voce e lo seguono e Lui le conduce fuori dall’ovile. Notiamo come il testo indirettamente ci chiarisce che non tutte le pecore dell’ovile appartengono al vero pastore. È infatti è storia come molti giudei non hanno riconosciuto la voce del vero pastore, non l’hanno seguito restando pertanto all’interno dell’ovile, ovvero nella tradizione religiosa giudaica. Notiamo anche che il pastore va davanti a loro. Fa quindi da guida, da apri pista. Le pecore che lo seguono sono quindi i seguaci, detti anche discepoli di Gesù. A questo punto Giovanni sottolinea il fatto che i giudei non capirono questa similitudine e che Gesù fu così costretto a dare qualche ulteriore spiegazione. Leggiamo ora dal versetto 7 al 10
7 Perciò Gesù di nuovo disse loro: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. 8 Tutti quelli che sono venuti prima di me, sono stati ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9 Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato, entrerà e uscirà, e troverà pastura. 10 Il ladro non viene se non per rubare, ammaz-zare e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.
Gesù fa un’affermazione importante e chiarificante. Gesù dice di essere Lui l’unica porta delle pecore. Un’affermazione forte anche perché associata al fatto che tutti quelli che sono venuti prima di Lui, erano ladri e briganti. Non posso qui dilungarmi in spiegazioni, ma il mio parere è che Gesù stia parlando della classe dirigente giudaica di quei tempi. Una classe dirigente lontana da una vera fede in Dio e sicuramente priva dello Spirito di Dio. Notiamo anche che quando Gesù si paragona all’unica porta dell’ovile aggiunge un’informazione d’importanza capitale per ogni persona: se uno entra per me sarà salvato. In questa sala capeggia una scritta importante. Vorrei quindi leggere il versetto nella sua interezza aggiungendo anche il versetto successivo:
Giovanni 14:6-7 Gesù gli disse: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7 Se avete conosciuto me, conoscerete anche mio Padre, e fin da ora lo conoscete, e l'avete visto».
Questo è il significato della porta. Allora come oggi, Gesù è l’unica porta che ci consente di arrivare al Padre e di conoscerlo; Gesù è l’unica via di salvezza. Stiamo quindi molto in guardia nei confronti di tutti coloro che dicono che vi sono più vie per arrivare a Dio, al cielo, alla suprema conoscenza, al paradiso, alla vita eterna. Queste sono menzogne che non hanno nulla da spartire con la parola di Dio. Evidentemente ignorano o tralasciano volontariamente ciò che Giovanni ci riferisce come parole autentiche del Figlio di Dio. Sempre nel testo appena letto leggiamo anche che Gesù non solo dona la salvezza alle Sue pecore, ma che queste pecore possono anche uscire ed entrare e trovare pastura. Entrare e uscire è una forma linguistica ebraica che significa “essere liberi”. Gesù libera le Sue pecore dalla schiavitù del peccato e dalla maledizione della legge. E non pensiamo che ciò riguardi solo i giudei, perché la schiavitù del peccato riguarda ogni persona che non ha accolto Gesù nel suo cuore, che non lo ha fatto diventare la sua guida, il suo pastore. Essere liberi dalla schiavitù del peccato è la vera libertà, una libertà che purtroppo molti non comprendono e che invece vanno a cercare nei soldi, nella politica, nella metafisica, nei rapporti umani, ecc. Altrettanto possiamo dire della legge mosaica, in quanto questa legge si ripresenta sempre sotto nuove vesti. La potremmo definire molto genericamente come religione, ovvero una serie di regole umane fatte per ridurre la nostra responsabilità di fronte a Dio. La religione vuole farci credere di essere a posto con Dio quando invece non lo siamo affatto. Ma non posso dilungarmi a riguardo. La pastura è senz’altro riferibile al nutrimento spirituale di cui ogni persona ha bisogno per soddisfare quel bisogno innato che Dio ha innestato nel cuore di ogni essere umano. Tutti le persone sentono un vuoto interiore, ma poche sanno come colmarlo in modo soddisfacente e duraturo. La parola di Dio è l’unica soluzione a questa profonda mancanza, essa è la vera pastura di cui abbiamo tutti bisogno. Infine, nel testo appena letto, troviamo scritto che Gesù è venuto affinché le Sue pecore abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Per quanto riguarda la vita dobbiamo capire che si tratta della vita eterna insieme al Padre e non della vita biologica. Se non fosse così la frase stessa non avrebbe senso in quanto le pecore dell’ovile erano già vive e vegete. Con il termine abbondanza possiamo sia pensare alla dimensione eterna della vita, ma anche al fatto che la fede in Gesù ci dona una vita terrena più appagante e certamente priva di noia. Facciamo ora un altro passo avanti con il capitolo 10 e leggiamo dal 11 al 16.
11 Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. 12 Il mercenario, che non è pastore, e al quale non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga (e il lupo le rapisce e disperde), 13 perché è mercenario e non si cura delle pecore. 14 Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me, 15 come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16 Ho anche altre pecore, che non sono di quest'ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore.
Gesù ripete per due volte che Lui è il buon pastore. Questa è una chiara indicazione del fatto che Lui è l’unico vero pastore. Infatti, il testo ci parla in modo negativo del pastore mercenario che abbandona le pecore quando arriva il lupo. Il lupo è un evidente allusione al diavolo e più in generale al male. Gesù vuole chiarire che nessuno è in grado di proteggere le pecore dal male e dalle insidie del diavolo se non l’unico vero pastore. Gesù ci parla delle persone che non lo hanno accolto nel loro cuore e ci dice che di fronte alla debolezza della carne e alle tentazioni del diavolo, non hanno alcuna chance di resistere e vengono così rapite dalle cose di questo mondo. I loro pensieri e i loro desideri si disperdono in mille direzioni senza arrivare da nessuna parte. Sono come delle banderuole al vento. Per costoro ciò che oggi è vero, domani non lo è più e viceversa. Gesù invece è l’immutabile verità. Vorrei a questo punto aggiungere una breve riflessione anche sulla figura del mercenario che abbandona il gregge quando arriva il lupo. La traduzione italiana è di tipo peggiorativo. In realtà la parola greca misthotos può essere tradotta anche con operario a giornata. Si tratta in pratica un dipendente, uno che lavora per avere uno stipendio. Gesù ci dice che le pecore non gli appartengono e che questo lavoratore in realtà non si cura delle pecore. Lo fa solo per avere un reddito, una ricompensa. So di dire una cosa un po’ scomoda per qualcuno, ma a me pare che il Signore stia semplicemente dicendo che nessuna pecora dovrebbe mai affidare la propria piena fiducia ad un uomo anche se questo si chiama pastore. Chiunque sia questo pastore, qualunque sia il suo impegno e i suoi buoni propositi, non sarà mai il buon pastore. Se poi lo fa solo per avere una ricompensa (lo stesso di quale tipo) tanto peggio. E qui arriviamo al punto focale di tutto quello che Gesù ci insegna in questo brano sulla Sua persona e sul suo operato. Il buon pastore dà la Sua vita per le pecore.
Il Signore Gesù ha effettivamente dato la Sua preziosa vita per la salvezza delle Sue pecore. Di fronte all’estremo sacrificio sulla croce, Gesù non ha esitato a lungo nel fare la volontà del Padre. Quando Gesù pregò il Padre nel giardino del Getsemani sapeva che la salvezza di miliardi di persone dipendeva da quello che sarebbe accaduto da lì a poche ore. Così accettò il calice amaro dell’ira di Dio. E proprio grazie a questo Suo sacrificio, ora le pecore non hanno da nulla da temere dal diavolo, dal male, dalle difficoltà della vita. Gesù è la roccia a cui aggrapparsi quando soffia la tempesta, l’ancora a cui legarsi quando il mare è in tempesta, è l’unica persona che è sempre pronta ad ascoltare, a rincuorare, ad aiutare. Il suo telefono non è mai in modalità aereo. Ma soprattutto Lui è l’unico che ha sconfitto la morte e che ha donato la vittoria a tutti coloro che credono in Lui. Noi siamo vittoriosi in Cristo! Gesù ripete più volte che Lui conosce le Sue pecore per nome. Questo dovrebbe rincuorarci e darci fiducia nell’affrontare le difficoltà che ognuno di noi incontra in questa vita terrena. Ognuno ha le sue, ognuno le deve affrontare, ma ognuno è chiamato anche a farlo in piena fiducia in Colui che ci conosce meglio di noi stessi. In Colui che prima ancora che chiediamo qualcosa, già sa di che cosa abbiamo bisogno. Quando Gesù dice che ci conosce per nome intende molto di più del fatto che Lui si ricorda il nostro nome. Intende dire che Lui sa tutto di noi. Sa da dove veniamo e dove andiamo, sa per cosa batte veramente il nostro cuore e sa anche che cosa fare per correggere i nostri errori e per darci nuova speranza.
Veniamo ora ad una profezia che almeno in parte si è già avverata. Gesù dice che ci sono anche altre pecore che non appartengono all’ovile di Israele, ma che Lui andrà a raccogliere quelle e che esse ascolteranno la Sua voce e lo seguiranno. Credo che il significato sia molto chiaro e credo anche che questa profezia riguardi ogni persona che è seduta qui oggi. L’invito del buon pastore è rivolto a tutte le persone di questo mondo. Ma le Sue promesse, la Sua protezione, le Sue benedizioni diventano concrete solo per chi riconosce la Sua voce, solo per coloro che lo accolgono come pastore, come unica vera guida nella propria vita. Gesù profetizza anche che vi sarà un solo gregge e un solo pastore. Gesù sta annunciando la nascita della Sua chiesa. Un luogo accessibile a tutte le pecore che seguono Gesù. Ebrei, samaritani, ciprioti, greci, romani, peruviani, rumeni, colombiani, laivesotti, bolzanini. ecc. Tutti i popoli della terra faranno parte della Gerusalemme celeste che un giorno scenderà dal cielo per regnare insieme a Dio. Abbiamo anche letto che vi sarà un solo pastore. Se pensiamo a tutto quello che Gesù afferma di sé stesso, capiamo chiaramente che nessun altro potrà mai eguagliare la Sua potenza e mantenere le Sue promesse. Ma vorrei attirare la vostra attenzione su quello che Gesù dice pochi versetti più avanti e che ha fatto così tanto imbestialire i giudei al punto che volevano lapidarlo. Leggiamo i versetti dal 27 al 30
27 Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco, ed esse mi seguono; 28 e io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano. 29 Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti; e nessuno può rapirle dalla mano del Padre. 30 Io e il Padre siamo uno».
Gesù afferma la Sua deità in un modo talmente chiaro che i Giudei vorrebbero lapidarlo sul posto. Ora, come voi sapete, vi sono sette che negano la deità di Gesù e confessioni cristiane che la relativizzano. Non voglio entrare nel dettaglio, ma se questo testo non è loro chiaro, come possono avere chiaro che cosa dice la bibbia? Ma quello che più mi interessa condividere con voi di questi versetti è la promessa solenne che fa Gesù a tutti coloro che riconoscono la Sua voce e lo seguono. Dopo avere affermato che Gesù dona la vita eterna alla Sue pecore, dice anche che nessuno potrà mai rapirle (strapparle) dalle Sue mani. Le Sue mani sono potentissime come è potente Dio stesso. E siccome nessuno è più grande di Dio, non c’è nessun essere in carne o in spirito che potrà mai togliere la vita eterna ad una pecora che appartiene a Gesù. Che promessa grandiosa! Il Dio eterno si impegna unilateralmente in un patto eterno, indelebile. Colui che decide in piena libertà di ascoltare la voce di Gesù, di accoglierlo nel suo cuore, di seguirlo sulle Sue vie, Dio non lo lascerà mai e un giorno incontrerà Gesù nel cielo. E quando Gesù dice nessuno intende proprio tutti, ovvero anche la persona stessa che ha detto di sì a Gesù. La conversione è irreversibile perché è un patto eterno garantito dall’Altissimo in persona. Se facciamo questo passo di fede in Gesù, se rinunciamo alla nostra vita per metterla nelle mani di Gesù, la mettiamo nelle mani più sicure e fedeli dell’universo e non saremo delusi. Questa è la promessa solenne di Dio. Alleluia.
Vorrei concludere dando la parola direttamente a Dio. Leggiamo insieme il Salmo 23
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