GESÙ E NESSUN’ALTRO PORTA AL PADRE CELESTE

Cari fratelli e sorelle, nella mia ultima predicazione ho parlato di un’affermazione solenne e fondamentale di Gesù. Leggiamola di nuovo insieme. Giovanni 14:6:
«Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

L’ultima volta abbiamo visto la prima parte di questa affermazione, ma per ragioni di tempo siamo riusciti solo a parlare di due dei tre aspetti, ovvero del fatto che Gesù è la via e la verità. Oggi, riprenderemo il percorso da questo punto per vedere molto brevemente che cosa intende Gesù quando dice di essere la vita e poi vedremo insieme anche la seconda parte della frase.

Gesù dice: Io sono la Vita
In primo luogo, è importante capire l’uso che si fa di questa parola nella bibbia e in particolare nel Nuovo Testamento.
Con la parola vita si intende sicuramente la vita biologica e la parola greca utilizzata allo scopo è Bios. Nel nostro linguaggio moderno abbiamo parole che derivano da questa radice, come ad es. biologia, biologico, biosfera, ecc. Sono tutte parole che ci parlano della vita su questa terra (animali, piante, insetti, microorganismi, ecc.).

L’altra parola greca utilizzata per definire la vita è Zoe. Da questa parola derivano parole di uso comune come ad es. zoo o zoologico. Capiamo così che questa parola si riferisce in particolare alla vita animale e la bibbia ci insegna che solo gli animali e l’uomo possiedono un’anima. E quest’anima non è qualcosa di materiale, di biologico, ma bensì qualcosa di immateriale.

Questo aspetto è particolarmente importante quando leggiamo il vangelo di Giovanni in cui viene usata la parola Zoe (vita) o Zao (vivere) per ben 53 volte, ma mai la parola Bios. Se consideriamo in quale contesto Giovanni utilizza questa parola, vediamo che essa si riferisce sempre alla vita eterna. E quando nei vangeli si parla di vita eterna, si intende sempre la vita eterna al cospetto di Dio. Sappiamo però che l’anima è immortale e quindi, per vita si intende quella eterna con Dio. Parimenti con morte si intende la separazione eterna da Dio, ovvero l’inferno.

Credere in Gesù significa avere il proprio nome scritto nel libro della vita. Quando Gesù ci dice di essere la Vita intende proprio questo. È Lui che dona l’accesso alla Gerusalemme celeste, ovvero a quel luogo in cui è possibile vivere insieme al Padre celeste per tutta l’eternità. Vorrei concludere questa prima parte ricordando a tutti ciò che Gesù disse a Marta nel giorno in cui fece resuscitare suo fratello Lazzaro.

Leggiamo Giovanni 11, dal versetto 25 al 27. Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?”. Ella gli disse: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire nel mondo”. Voglio sperare che chiunque ascolta questa domanda possa rispondere come ha fatto Marta.

Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me
Avendo ora capito che cosa intende Gesù quando dice di essere la via, la verità e la vita, possiamo ora riflettere sulla seconda parte della frase in cui afferma:
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.

Con questa affermazione Gesù chiarisce che solo Lui può portare al Padre celeste. Non ci sono altre vie per giungere alla vita eterna.  Questa affermazione viene però rifiutata da chi pensa che ogni religione è in grado di farci giungere alla vita eterna.
Vorrei così prendermi 2 minuti per raccontarvi molto brevemente del percorso che ho fatto per trovare la Via, giungere alla Verità ed avere la Vita.

Per lunghi anni ho creduto nella capacità dell’uomo di migliorare sé stesso e il mondo. Pensavo che la scienza potesse risolvere ogni tipo di problema e che l’uomo fosse in grado di far progredire l’umanità verso un futuro sempre migliore. Per questo motivo, nella mia vita sono stato molto attivo nel movimento studentesco, nel sindacato e nella politica. Ho partecipato a molte battaglie di tipo sociale ed ambientalista. Ad un certo punto però, mi sono reso conto che in realtà non vi era una vera progressione, ma piuttosto una regressione. In definitiva, i problemi dell’umanità diventavano sempre più grandi e sempre meno risolvibili.

Quando poi mi sono accorto che stavo diventando esattamente come coloro che avevo sempre criticato ho dovuto fermarmi e riflettere. Infatti, ero diventato cinico e giustificavo i mezzi in ragione di quelli che mi sembravano i giusti fini da perseguire ad ogni costo per raggiungere il cosiddetto bene comune. Quindi, non solo l’obiettivo di una migliore umanità si faceva sempre più inarrivabile, ma anche io stesso stavo diventando sempre meno umano. È così che ho cominciato a considerare seriamente l’esistenza di una istanza superiore, di un Dio sovraumano.

In un primo periodo, vedendo che nel mondo vi erano tante religioni, ho pensato che Dio si fosse manifestato in modo diverso ai diversi popoli. Pensavo così che ogni religione potesse portare a Dio e che le religioni potessero essere una soluzione. Tuttavia, le religioni che contemplano l’esistenza di più divinità, come ad es. quella dei Greci o l’induismo non mi convincevano. Ero convinto che esistesse un solo Dio. E questo era un buon punto di partenza. Ma rimanevano aperte molte domande e più mi addentravo nella conoscenza delle varie religioni, più mi rendevo conto che tra di loro vi erano differenze fondamentali.

Per ragioni di tempo, mi limiterò a considerare solo brevemente quelle che vengono definite le religioni monoteistiche. Ovvero l’Islam e l’Ebraismo. Non che l’induismo, il buddismo o i dei greci e romani non siano interessanti, ma queste religioni sono troppo diverse dal cristianesimo per poterne parlare in questo poco tempo. Prima però devo fare una premessa. Il Cristianesimo biblico non è una religione, ma bensì una fede. Le religioni monoteiste contemplano l’esistenza di regole da rispettare per poter giungere alla vita eterna. La bibbia invece ci insegna che la salvezza la si ottiene solo per grazia attraverso la fede in Gesù.

Basterebbe questo per capire che cosa intende Gesù quando ci dice che solo Lui porta la Padre.
Ma noi vogliamo spendere un po’ di tempo per capire meglio anche altri aspetti che confermano questa importante affermazione del nostro Salvatore.

Le religioni monoteiste e la fede in Gesù Cristo
Vi sono diverse cose in comune tra le grandi religioni monoteiste (Cattolicesimo, Ortodossia, Ebraismo e Islam). Tutte parlano in modo simile della creazione e della sovranità di Dio. Tutte hanno principi morali di riferimento molto simili tra loro (avrai un solo Dio, non commettere adulterio, non rubare, ecc.). Tutte prevedono il giudizio divino e la risurrezione dei morti e dicono che c’è un paradiso e un inferno.

Queste religioni hanno in comune il fatto di fare riferimento ad un libro o a delle scritture sacre. E questi testi hanno in comune moltissimi personaggi, come ad es. Adamo, Abramo, Isacco, Ismaele, Giuseppe, Mosè, Davide. Il Corano e il Nuovo Testamento hanno inoltre in comune Giovanni il battista, Gesù, Maria e gli apostoli.

Anche chi ha fede in Gesù crede nel Creatore e considera i comandamenti morali come legge divina giusta e buona. Anche lui ha la promessa della resurrezione e crede che ci sarà un giudizio divino. Anche lui sa che esiste un inferno e un paradiso. Anche lui riconosce tutti questi personaggi biblici come realmente esistiti.

Ma c’è un aspetto che differenzia in modo netto e decisivo la fede in Gesù da ogni altra religione, ovvero ciò che consente di ottenere la vita eterna.
Per chi crede solo in Gesù, la salvezza non dipende dal rispetto di determinate regole religiose, bensì dalla sola fede in Lui e nella Sua opera di redenzione sulla croce. Egli crede che la salvezza sia solo per grazia e non per opere.

Questa è la differenza fondamentale tra le religioni monoteiste e la fede cristiana.
Non è infatti l’uomo che deve compiere delle opere per poter superare il giudizio di Dio, non è l’uomo che deve elevarsi con le proprie forze e attraverso le proprie opere per arrivare al cielo, ma è Dio che è sceso dal cielo per portare l’uomo in cielo. È Dio che ha compiuto tutte le opere necessarie alla salvezza, tranne una, la fede in Gesù.

Ecco che così l’affermazione di Gesù che abbiamo letto prima assume un valore molto profondo e decisivo per la vita eterna di chiunque. Ciò che conta non sono le regole religiose, ma solo ed esclusivamente una vera fede nell’unico Salvatore. Talvolta si sente dire che tra ebraismo, cristianesimo e Islam non vi sono grandi differenze perché tutte dicono più o meno la stessa cosa. Capisco chi dice questo, anche io, un tempo, lo pensavo così, ma la frase di Gesù: “nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” è molto chiara e merita un ulteriore approfondimento.

Il Dio unico e la natura divina di Gesù
Ebraismo e Islam hanno una visione di Dio molto simile tra loro. Esse affermano in modo assolutistico non solo che Dio è uno, ma anche che Dio non genera figli.
Per tale ragione, affermare di essere figlio di Dio è una grande blasfemia.

Dire che Gesù è il figlio di Dio è una cosa che l’Islam non può accettare. Per l’Islam Gesù (Isa ibn Maryam) era solo un profeta che ha preparato la strada per la venuta del grande profeta Maometto. Quest’ultimo è l’ultimo dei profeti, il sigillo.

L’Ebraismo contempla la venuta di un Messia e noi sappiamo che Gesù è il Messia di cui parlano le stesse scritture ebraiche. Tuttavia, per l’ebraismo il Messia non è il figlio di Dio, ma semplicemente un discendente del re Davide. Davanti ai farisei Gesù cita il Salmo 110, perché è un salmo che gli stessi ebrei considerano essere un salmo messianico e pone loro il quesito fondamentale sulla natura divina del Messia.

Leggiamo dal vangelo di Matteo, capitolo 22, i versetti dal 41 al 45:
Essendo i farisei riuniti, Gesù li interrogò, dicendo: «Che cosa pensate del Cristo? Di chi è figlio?» Essi gli risposero: «Di Davide». Ed egli a loro: «Come mai dunque Davide, ispirato dallo Spirito, lo chiama Signore, dicendo: “Il SIGNORE ha detto al mio Signore: ‘Siedi alla mia destra finché io abbia messo i tuoi nemici sotto i tuoi piedi’”? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?».

Gesù 100% uomo e 100% dio è il punto di caduta, la pietra d’inciampo, sia per l’ebraismo che per l’Islam.
Per avere la vita eterna promessa dalle scritture, Gesù ci chiede di credere che Lui è il figlio di Dio e non solo un profeta o un condottiero.

Il Dio unico e il Dio fattosi carne
Per l’ebraismo, Gesù non è mai esistito o perlomeno non è colui di cui parlano i vangeli. Gesù da Nazareth non era quindi il Messia promesso da Dio. Tanto è vero che gli ebrei praticanti attendono ancora oggi la venuta del Messia. Credo che basti questo per capire che per gli ebrei praticanti l’idea di un Messia divino che soffre e muore in croce per liberare il suo popolo dal peccato è una cosa inconcepibile.

Eppure, il profeta Isaia (anche Davide) parla di un Messia che soffre e che muore in croce per i peccati del Suo popolo. Leggiamo ora due versetti dal capitolo 53 del libro del profeta Isaia. Un capitolo che andrebbe letto tutto e in cui Dio promette al Suo popolo la venuta del Suo servo, del Suo Messia:
Leggiamo i versetti 10 e 11: Ma il SIGNORE ha voluto stroncarlo con i patimenti. Dopo aver dato la sua vita in sacrificio per il peccato, egli vedrà una discendenza, prolungherà i suoi giorni, e l’opera del SIGNORE prospererà nelle sue mani. Dopo il tormento dell’anima sua vedrà la luce e sarà soddisfatto; per la sua conoscenza, il mio servo, il giusto, renderà giusti i molti, si caricherà egli stesso delle loro iniquità.

Negare questa profezia o interpretarla in modo diverso da quello che Gesù stesso ha dichiarato più volte di essere e di voler fare, significa non accedere alla vita eterna.

Come abbiamo già detto, il Corano ci parla di Gesù come di un grande profeta, ma ci dice anche che Gesù non è stato ucciso in croce. Nel Corano c’è scritto che gli ebrei hanno solo creduto di aver ucciso Gesù, ma che in realtà non Egli è morto. Non voglio entrare maggiormente nel dettaglio, ma è evidente che il Corano e quindi l’Islam, non riconoscendo la morte in croce di Gesù non accetta l’offerta di perdono dei peccati e la redenzione che solo Gesù, il Figlio Dio può donare.

Da questo ne deriva il fatto che ogni ebreo praticante e ogni musulmano praticante sarà sottoposto al giudizio divino, dovrà pagare per ogni peccato commesso e non ha alcuna certezza di poter infine accedere alla vita eterna.

La persona di Gesù è il vero discrimine tra fede e religione
Da quello che abbiamo visto finora, capiamo che Gesù è la vera discriminante. Quando Gesù dice: “nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” ci dice che chi non crede nella Sua opera di redenzione, nel Suo sacrificio sulla croce, nella Sua natura divina, nella Sua resurrezione dai morti, non verrà accolto dal Padre celeste.

Abbiamo anche visto che Ebraismo e Islam contemplano un Dio che sta nel cielo e che vive in una realtà lontana dall’esperienza umana.
Esse prevedono anche che l’uomo debba pagare personalmente per ogni sua colpa. Il racconto del malfattore crocifisso al fianco di Gesù che accede al paradiso in virtù del solo ravvedimento e della fede nel Figlio di Dio è per loro del tutto estraneo.

Esse non possono concepire che Dio si sia fatto carne e che per un tempo abbia vissuto nella condizione di uomo in carne ed ossa. Non possono accettare che il Dio eterno e Santo, possa essersi fatto carico dei peccati degli uomini al fine di adempiere alla Sua giustizia divina e liberandoli dalla schiavitù del peccato.

Le religioni pensano inoltre che l’uomo abbia in sé sia il bene che il male, ma che, grazie agli insegnamenti di Dio e alle pratiche religiose del credente, il bene prevarrà sul male. Ma non è così per la fede cristiana, perché la bibbia ci insegna che l’uomo è stato concepito nel peccato fin dalla nascita e che quindi ha bisogno di un intervento divino per superare questo problema altrimenti irrisolvibile. La Bibbia ci insegna che tutti noi siamo peccatori e che abbiamo bisogno di un Salvatore divino.

Il Nuovo Testamento ci parla di Colui che ha lasciato la gloria dei cieli per farsi servo degli uomini. Un Dio di amore e di vera compassione, che ha conosciuto la fame, la sete, il sonno, le tentazioni di Satana e della carne, che ha conosciuto il dolore e la sofferenza, che ha attraversato l’agonia e la morte fisica e che infine è resuscitato per aprici la strada verso Dio. Teniamo quindi sempre ben presente quanto è meraviglioso e unico il nostro Dio e di quanto è esclusiva la via di Gesù che conduce al Padre celeste.

Per concludere vorrei leggere insieme a voi quello che l’apostolo Paolo scrive alla chiesa di Filippi per illustrare loro quanto sia grande e unico il nostro Dio.

Filippesi capitolo 2 dal versetto 5 all’11:
Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù, il quale, essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi, ma annichilì sé stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini; essendo trovato nell’esteriore come un uomo, abbassò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte e alla morte della croce. Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.

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